Società 5.0: quando l’Incoscienza Artificiale incontra l’Intelligenza Umana

L’articolo di Emanuela Ferro (Head of Executive Search di Glasford International Italy), è inserito nella rubrica “The Human M&A Path” in collaborazione con Dealflower.

Scarica l’M&A PATH per saperne di più.

L’Intelligenza Arti­fi­ciale è indub­bi­a­mente uno dei temi cal­di del momen­to, e le rif­les­sioni che por­ta con sé sono molto ampie, richia­man­do il ruo­lo dell’Uomo nel mon­do che cam­bia sem­pre più repenti­na­mente. In Glas­ford Inter­na­tion­al Italy seguiamo con inter­esse i dibat­ti­ti sul tema, anal­iz­zan­do rischi e oppor­tu­nità e il loro impat­to sul sis­tema. Pro­prio con questo obi­et­ti­vo, abbi­amo di recente “coin­volto” due appli­cazioni IA in una tap­pa del nos­tro M&A Path, il per­cor­so che abbi­amo real­iz­za­to per appro­fondire l’impatto del Cap­i­tale Umano nelle Oper­azioni Stra­or­di­nar­ie. Nel­lo speci­fi­co, abbi­amo pos­to loro una doman­da che molto spes­so ci viene fat­ta: qual è il pro­fi­lo ide­ale del CEO di un’azienda parte­ci­pa­ta da un fon­do di Pri­vate Equi­ty?

Il profilo del CEO secondo le IA

Il pri­mo esper­i­men­to lo abbi­amo com­pi­u­to con Dall‑E, appli­cazione che gen­era immag­i­ni par­tendo da input tes­tu­ali. Nonos­tante la nos­tra doman­da pos­ta in inglese non por­ti con sé sfu­ma­ture di genere, tre delle quat­tro immag­i­ni gen­er­ate come out­put rap­p­re­sen­tano uomi­ni di mez­za età, occi­den­tali, in giac­ca e cra­vat­ta, su sky­line met­ro­pol­i­tano – men­tre l’unica don­na, dai trat­ti asi­ati­ci, evo­ca più un’assistente. L’IA non sem­bra quin­di essere molto sen­si­bile a tem­atiche di Diver­si­ty & Inclu­sion, almeno in questo caso. Questo per­ché Dall‑E uti­liz­za immag­i­ni esisten­ti per crearne di nuove, repli­can­done le carat­ter­is­tiche – e, quin­di, gli stereotipi.

Ponen­do lo stes­so que­si­to a Chat GPT (noto soft­ware di intel­li­gen­za arti­fi­ciale con­ver­sazionale), le cose miglio­ra­no. Chieden­do infat­ti se il ruo­lo di CEO pos­sa essere ricop­er­to meglio da un uomo o da una don­na, ques­ta vol­ta in ital­iano, l’IA ci rim­provera, per­ché «gli stereotipi di genere non rispec­chi­ano la realtà delle com­pe­ten­ze e delle abil­ità di lead­er­ship delle sin­gole per­sone». Anzi, rimar­ca che «la diver­sità di genere nei ruoli di lead­er­ship por­ta una mag­giore diver­sità di pen­siero e prospet­tive, che pos­sono portare a deci­sioni più inno­v­a­tive e di suc­ces­so». Riguar­do all’età, la rispos­ta è sim­i­le: «da sola non può essere con­sid­er­a­ta un fat­tore deter­mi­nante nel­la scelta di un CEO. La scelta dovrebbe basar­si prin­ci­pal­mente sulle com­pe­ten­ze, l’esperienza e la capac­ità di guidare l’azienda ver­so il suc­ces­so. […] L’importante è selezionare un CEO che abbia la gius­ta com­bi­nazione di abil­ità, espe­rien­za e visione, indipen­den­te­mente dall’età».

Rischi e opportunità

L’at­ten­zione da ris­er­vare nel­la scelta di un man­ag­er alle tem­atiche di inclu­sione e val­oriz­zazione, così come agli ele­men­ti di cul­tur­al fit essen­ziali per ogni buon inser­i­men­to e inte­grazione all’interno di un’impresa, è un aspet­to chi­ave per chi, come noi, si occu­pa di Ricer­ca e Selezione impeg­nan­dosi a far­lo in maniera con­sapev­ole. L’IA si dimostra al momen­to un utile accel­er­a­tore di rac­col­ta dati, ma non sos­ti­tu­isce l’Uomo, le sue facoltà e respon­s­abil­ità nel fare domande e nel pren­dere deci­sioni. Per chi avesse tim­o­re di perdere la sfi­da con il “robot dai super poteri”, dunque, c’è anco­ra sper­an­za – a pat­to che abbia cor­ret­ta­mente com­pre­so il pro­prio mestiere, si intende.

Ma spos­ti­amo­ci ver­so un perimetro più ampio di ques­ta rif­les­sione: bene che l’Intelligenza Arti­fi­ciale abbia inizia­to a com­pren­dere alcu­ni rischi legati a stereotipi che tipi­ca­mente han­no influen­za­to le scelte azien­dali, soprat­tut­to su ruoli api­cali e in alcu­ni con­testi orga­niz­za­tivi e di indus­try. Ma sare­mo capaci di pro­gram­mare IA davvero prive di bias, se spes­so l’uomo, che di fat­to le pro­gram­ma, non lo è? Torner­e­mo al fon­do dell’articolo su questo argo­men­to e sulle con­clu­sioni che ne sca­tur­iscono.

C’è difat­ti un altro ris­chio che IA por­ta con sé ad oggi e riguar­da il tema del­la rego­la­men­tazione. Le regole non ten­gono il pas­so con un pro­gres­so così rapi­do, ma più spes­so lo rin­cor­rono. Su questo si sta con­cen­tran­do la Com­mis­sione Euro­pea, impeg­na­ta nel­la stesura di un “AI Act” per rego­la­mentare l’Intelligenza Arti­fi­ciale con un approc­cio risk-based, impo­nen­do obb­lighi di con­for­mità e trasparen­za pro­porzion­ali al dan­no che tali appli­cazioni pos­sono causare ai dirit­ti fon­da­men­tali degli indi­vidui che le usano. Con l’approvazione, scat­tereb­bero nuove regole e req­ui­si­ti per l’immissione sul mer­ca­to, nonché il divi­eto di alcu­ni uti­lizzi, quali sis­te­mi per l’identificazione bio­met­ri­ca in tem­po reale o per ril­e­vare con­tenu­ti sospet­ti di ille­gal­ità, ma anche algo­rit­mi che gener­i­no un “social scor­ing” delle per­sone.

Fer­mare lo svilup­po di nuove tec­nolo­gie, come pro­pon­gono alcu­ni, non è però la via: a fian­co dei rischi, esse infat­ti gen­er­a­no innu­merevoli oppor­tu­nità. Nel­la san­ità, ad esem­pio, iniziano a dif­fonder­si soluzioni di IA che aiu­tano i medici ad elab­o­rare i dati rac­colti con la telemed­i­c­i­na, con­sen­ten­do di inter­venire con diag­nosi e trat­ta­men­ti “su misura”. Anche durante il peri­o­do pan­demi­co un uti­liz­zo vir­tu­oso del­la tec­nolo­gia si è riv­e­la­to prezioso: da un lato con­sen­ten­do a mil­ioni di per­sone di lavo­rare da casa, dall’altro per­me­t­ten­do a chi non pote­va far­lo di oper­are in sicurez­za. È il caso, ad esem­pio, di una grande multi­nazionale man­i­fat­turi­era ital­iana che, gra­zie alla col­lab­o­razione tra la direzione HR e i sis­te­mi infor­ma­tivi di Grup­po, ha real­iz­za­to un sis­tema di Intel­li­gen­za Arti­fi­ciale per gestire al meglio il ris­chio con­ta­gi in azien­da. Tale sis­tema ha con­sen­ti­to, infat­ti, all’impresa di non inter­rompere mai la pro­pria attiv­ità, neanche nelle fasi di lock­down più restrit­tive, rius­cen­do a garan­tire non solo con­ti­nu­ità pro­dut­ti­va ma il mas­si­mo del­la sicurez­za e seren­ità degli oltre 9000 col­lab­o­ra­tori.

Com­p­lessi­va­mente, osser­van­do le oppor­tu­nità legate all’Intelligenza Arti­fi­ciale pos­si­amo dire di fat­to che tra i più alti ben­efi­ci vi è quel­lo di con­cen­trare le capac­ità umane in attiv­ità ad alto val­ore, liberan­do­ci da quelle più ripet­i­tive e di minor impat­to. Per questo, negli ulti­mi mesi, anche in Glas­ford sti­amo evol­ven­do, val­u­tan­do l’introduzione di stru­men­ti a sup­por­to, ad esem­pio, delle attiv­ità di Oper­a­tions, di Mar­ket­ing e di Busi­ness Intel­li­gence gra­zie ai prog­et­ti che sti­amo real­iz­zan­do con il nos­tro Chief Infor­ma­tion Offi­cer, volti all’automazione ed effi­cien­ta­men­to di alcu­ni pro­ces­si.

Un’evoluzione chiamata Società 5.0

Oggi come ieri, quin­di, la tec­nolo­gia è un accel­er­a­tore dell’emancipazione dell’uomo da com­pi­ti usuran­ti e del­la sua capac­ità di ampli­are la pro­pria conoscen­za del mon­do. Occorre però fer­mar­si a riflet­tere su quale sia, in questo sce­nario, l’insindacabile val­ore umano. La tec­nolo­gia è uno stru­men­to al servizio dell’Uomo, uni­co deten­tore di libero arbi­trio nel nos­tro mon­do, in gra­do quin­di di inter­rog­a­r­si sull’uso del­la tec­nolo­gia al servizio del bene o del male. Pro­cede il pro­gres­so, si ripete la sto­ria, almeno sec­on­do la mia visione umanocen­tri­ca del mon­do: per una vera evoluzione, infat­ti, l’Uomo dovrebbe agire ver­so il pro­prio fine ulti­mo guida­to da soli­di prin­cipi di eti­ca e morale.

Le Intel­li­gen­ze Arti­fi­ciali sono in realtà “Inco­scien­ze Arti­fi­ciali”, citan­do la definizione che ne dà Mas­si­mo Chiri­at­ti, tec­nol­o­go e con­vin­to uman­ista: esse non sono dotate di sen­so criti­co, curiosità, cre­ativ­ità, ma si lim­i­tano ad eseguire le istruzioni impar­tite dall’uomo. Il val­ore aggiun­to risiede nel­la capac­ità di chi le uti­liz­za di por­si domande, di esplo­rare nuovi oriz­zon­ti, di gov­ernare la tec­nolo­gia per gener­are benessere. È fon­da­men­tale ricor­dar­lo per creare quel­la “Soci­età 5.0” che dal 2016 i giap­pone­si rac­con­tano al mon­do come pro­pos­ta nazionale di pro­gres­so, cul­mine di un’evoluzione che ha com­pi­men­to in una soci­età incen­tra­ta sul­l’uo­mo, ori­en­ta­ta allo svilup­po sosteni­bile, pien­amente inte­gra­ta e con­nes­sa dig­i­tal­mente per rispon­dere ai bisog­ni dell’uomo, riducen­do ogni tipo di dis­par­ità sociale, eco­nom­i­ca, etni­ca, di età o di genere gra­zie ad un vir­tu­oso uti­liz­zo del­la tec­nolo­gia. La chi­ave per la sua real­iz­zazione sarebbe la fusione tra spazio ciber­neti­co e mon­do reale attra­ver­so la pro­duzione di dati al servizio di soluzioni per affrontare le sfide del nos­tro mon­do: dal­la mobil­ità, pas­san­do alle infra­strut­ture, ai rischi legati ai cam­bi­a­men­ti cli­mati­ci e ai mod­el­li di cresci­ta degli ulti­mi sec­oli, fino ad arrivare all’invecchiamento del­la popo­lazione mon­di­ale, le pan­demie, i flus­si migra­tori, l’assistenza san­i­taria.

Utopia o impeg­no real­iz­z­abile, ben oltre Ori­ente? Dal mio pun­to di osser­vazione per­son­ale e pro­fes­sion­ale sul­la soci­età, come leader e mem­bro del board di un’azienda impeg­na­ta a sup­port­are l’evoluzione del sis­tema imp­rese attra­ver­so la scelta, lo svilup­po, la val­oriz­zazione delle Per­sone, non pos­so che essere ottimista. È pas­sato un sec­o­lo dalle dichiarazioni di Adri­ano Olivet­ti, fonda­tore del­la pri­ma azien­da ital­iana di “mac­chine per scri­vere”, impeg­na­to nel­la costruzione di un mod­el­lo di impre­sa e di soci­età al servizio del­la Per­sona. Oggi, non più pio­nieri ma con il van­tag­gio del pro­gres­so che avan­za e di una soci­età con bisog­ni sem­pre più urgen­ti, abbi­amo forse la pos­si­bil­ità di essere veri “Homo Faber”, in gra­do di trasfor­mare la realtà adat­tan­dola alle nos­tre esi­gen­ze per un’evoluzione cre­atrice e respon­s­abile. Il val­ore delle oppor­tu­nità è infini­ta­mente più alto dei rischi cor­re­lati, non cre­dete anche voi?

No Comments

Post A Comment