Nordest: appunti di un headhunter tra storia d’impresa, economia e geopolitica

Sen­za geopo­lit­i­ca non c’è econo­mia.

Questo pos­tu­la­to dal sapore anacro­nis­ti­co, la cui veridic­ità è pro­porzionale alla ril­e­van­za che la stes­sa dis­cus­sione geopo­lit­i­ca con­tin­ua a con­quistare quo­tid­i­ana­mente nei main media, ci indi­ca l’importanza di allenare un pen­siero strate­gi­co in gra­do di inter­cettare la trai­et­to­ria di una comu­nità, nel­la sua dimen­sione stor­i­ca, cul­tur­ale ed antropo­log­i­ca ancor pri­ma che eco­nom­i­ca, ed indipen­den­te­mente dai suoi vin­coli for­mali.

Per tentare di ori­en­tarne l’evoluzione in fun­zione delle sue ambizioni.

Da cit­tadi­no non autoctono, felice­mente inte­gra­to e defin­i­ti­va­mente assim­i­la­to, in quan­to tale for­tu­nata­mente soll­e­va­to dalle scelte di cam­po durante i tan­ti der­by region­ali, ten­to questo eser­cizio con la pas­sione di chi riv­olge lo sguar­do ad un “luo­go del cuore”.

Al con­tem­po, è un eser­cizio al quale appli­co con la visione e la sen­si­bil­ità di chi quo­tid­i­ana­mente per mestiere, si tro­va al fian­co di impren­di­tori e man­ag­er in qual­ità di advi­sor per deter­minare scelte orga­niz­za­tive che siano coer­en­ti con gli obi­et­tivi strate­gi­ci azien­dali.

Nel pas­sag­gio dal vis­su­to quo­tid­i­ano a questi appun­ti, mi muoverò sfrut­tan­do i clich­es, inevitabil­mente sem­pli­f­i­can­do, ma per una buona causa comune: sostenere l’evoluzione di un sis­tema ter­ri­to­ri­ale che è fat­to di sto­rie d’impresa tra il geniale e l’incredibile e la cui com­pren­sione pas­sa nec­es­sari­a­mente dall’analisi stor­i­ca e socio eco­nom­i­ca di ques­ta ter­ra, oggi più che mai di fronte ad una irri­n­un­cia­bile chia­ma­ta ed oppor­tu­nità.

‘Nde­mo.

Alle origini dell’eccezione

Pur trovan­do­ci di fronte ad un’entità viva e reale nell’immaginario col­let­ti­vo, dai trat­ti pecu­liari estrema­mente carat­ter­iz­za­ti, tentare una definizione di Nord-Est che vada oltre il dato car­tografi­co è un com­pi­to estrema­mente com­p­lesso.

Loco­mo­ti­va indus­tri­ale, (ex) Repub­bli­ca Serenis­si­ma, spon­da adri­at­i­ca del­la Mit­teleu­ropa, Texas d’Italia, fino alla neo­cos­ti­tui­ta Repub­bli­ca del Pojanistan sono solo alcu­ni tra i luoghi comu­ni uti­liz­za­ti più di fre­quente, ognuno di essi descriven­do tra il serio ed il face­to, il nos­tal­gi­co ed il provo­ca­to­rio, uno dei dif­fer­en­ti volti del Trivene­to, spazio dove non vale la legge dei vasi comu­ni­can­ti.

Sul piano stret­ta­mente fisi­co, ci rife­ri­amo ad una super­fi­cie che com­prende almeno tre regioni, di cui due a statu­to spe­ciale, abi­ta­ta da oltre 6 mil­ioni di per­sone. Noto­ri­a­mente, tra le più capaci del piane­ta.

Equidis­tante dalle Alpi e dai ter­ri­tori irre­den­ti che rien­tra­no nei nos­tri con­fi­ni da poco più di un sec­o­lo, quan­to da Piaz­za San Mar­co, con­cen­tra­to a ridos­so dell’A4 e dell’area pede­mon­tana, il deep vene­to che si pres­ta a sined­doche per gli stereotipi si con­cen­tra nel pen­tagono che rac­chi­ude Pado­va, Vicen­za, Mestre, Tre­vi­so e Bas­sano.

Una cronos­to­ria sem­pli­fi­ca­ta dell’evoluzione macro­eco­nom­i­ca del paese ci per­me­tte di iden­ti­fi­care le pecu­liar­ità del Nordest evi­den­zian­done, attra­ver­so le chi­avi inter­pre­ta­tive prescelte, le linee di faglia e gli ele­men­ti carat­ter­iz­zan­ti e ricor­sivi.

Nel­la fase del boom degli anni ‘50 e ‘60, epoca in cui l’eccezionalità di uomi­ni stra­or­di­nari ed illu­mi­nati per­mise ad una nazione reduce dal­la scon­fit­ta bel­li­ca di gener­are con­glomerati indus­tri­ali presto com­pet­i­tivi a liv­el­lo glob­ale, in quei set­tori che oggi­giorno definirem­mo strate­gi­ci (tute­la­bili nel quadro del­la Gold­en Pow­er) ed atti a guidare il salto tec­no­logi­co, il Nordest res­ta sostanzial­mente per­iferi­co rispet­to a queste dinamiche ed in ritar­do nel suo proces­so di eman­ci­pazione dal mod­el­lo agri­co­lo, rap­p­re­sen­tan­do al con­trario un baci­no di emi­grazione tan­to ver­so l’estero quan­to ver­so l’originale tri­an­go­lo indus­tri­ale. Attore inizial­mente sub­al­ter­no sul piano eco­nom­i­co, l’idealtipo vene­to man­ter­rà a lun­go i pan­ni del servi­tore anche nel­la cul­tura di mas­sa rap­p­re­sen­ta­ta dal­la set­ti­ma arte.

L’inversione di ten­den­za e lo scat­to in avan­ti si con­cretiz­zano nei decen­ni suc­ces­sivi, inin­ter­rot­ta­mente dai pri­mi anni ’70 alla sec­on­da metà degli anni ’90.

Il miracolo della reazione

Esam­i­nan­do i dati eco­nom­i­co-strut­turali in ter­mi­ni rel­a­tivi, il Nordest si col­lo­ca rap­i­da­mente ai ver­ti­ci mon­di­ali per svilup­po indus­tri­ale reg­is­tran­do tas­si di cresci­ta costan­ti com­pa­ra­bili a quel­li delle aree più evo­lute del globo. Una per­for­mance impres­sio­n­ante in ter­mi­ni di incre­men­to aggre­ga­to di Pil, che anal­iz­za­ta nel­la sua con­geni­ta polver­iz­zazione dichiara fin dai bloc­chi di parten­za una alter­ità strut­turale rispet­to ai mod­el­li orga­niz­za­tivi pro­tag­o­nisti del prece­dente mira­co­lo eco­nom­i­co orig­i­na­to nei poli indus­tri­ali chi­ave del paese. Back in the days, in par­al­le­lo alla costante agroal­i­menta­re, l’imprenditoria vene­ta inizia a dis­tinguer­si in clus­ter quali l’elettrodomestico, il leg­no-arredo, l’industria con­cia­ria, abbiglia­men­to acces­sori ed occhia­le­ria, orefi­ce­ria, con­dizion­a­men­to e refrig­er­azione, in par­ti­co­lar modo nel­la mec­ca­ni­ca di pre­ci­sione e nel­la com­po­nen­tis­ti­ca.

Questo liv­el­lo di osser­vazione dimostra quan­to la mor­folo­gia del Nordest fos­se inizial­mente anti­ci­cli­ca rispet­to alle coeve dinamiche nazion­ali, ma in anticipo di qua­si mez­zo sec­o­lo sul­la loro evoluzione gen­er­al­iz­za­ta. La scar­sità numer­i­ca di cor­po­ra­tion tri­col­ori ed il rip­iego su un’economia di PMI e microdis­tret­ti, posizion­a­ta negli anel­li inter­me­di delle catene del val­ore glob­ali e fisi­o­logi­ca­mente pas­sive rispet­to alle evoluzioni dei mer­cati ed alle scelte degli stake­hold­ers, sono oggi rif­les­sioni ricor­ren­ti di banale attual­ità. Quel­la regione seg­na­ta con un pun­to di doman­da geoe­co­nom­i­co che (si nar­ra) lo stes­so cen­tro stu­di del Copasir facesse dif­fi­coltà a cod­i­fi­care, in tem­pi non sospet­ti creò l’archetipo delle aziende cham­pi­ons pic­cole e belle in perenne com­p­lesso di infe­ri­or­ità dimen­sion­ale.

La cosid­det­ta riv­o­luzione del “metalmez­zadro” fornì dunque un mod­el­lo alter­na­ti­vo rispet­to al sis­tema di Nor­dovest ed agli altri indot­ti cresciu­ti a ridos­so delle gran­di aziende a parte­ci­pazione statale, man­te­nen­do con fierez­za l’impianto val­o­ri­ale di base anco­ra­to ai val­ori del­la famiglia, del cul­to per il lavoro e dell’autoreferenzialità ter­ri­to­ri­ale, in abbina­men­to ad uno scetti­cis­mo ostile nei con­fron­ti dell’autorità cen­trale e del­la buro­crazia.

Più che nel­la cin­tu­ra tori­nese, le simil­i­tu­di­ni lun­go lo sti­vale van­no even­tual­mente cer­cate in alcu­ni trat­ti del­la dor­sale adri­at­i­ca: l’industria del bian­co, la calzatu­ra o la pro­duzione di mobili trovano pae­sag­gi sim­ili nelle Marche o nei dis­tret­ti pugliesi di rifer­i­men­to.

Nel frat­tem­po gli equi­lib­ri geopoliti­ci cam­biano, con essi mutano gli inter­es­si che sot­ten­dono alla let­tura ed alla inter­pre­tazione delle mappe. Dis­ci­ol­ta la corti­na di fer­ro, inau­gu­ra­to il sec­on­do tem­po del­la Pax Amer­i­cana con il rebrand­ing del­la glob­al­iz­zazione, da per­ife­ria ori­en­tale “zona cus­cinet­to” espos­ta al bloc­co sovi­eti­co, il Nordest si risco­pre al cen­tro di un’Europa in fase di allarga­men­to. Ed il Tri­an­go­lo spos­ta il suo asse.

Pro­fes­sion­isti all­e­vati e cresciu­ti nelle più avan­zate “scuole di man­age­ment” in giro per l’Italia scel­go­no di sposare le loro com­pe­ten­ze con la spregiu­di­catez­za di impren­di­tori cor­ag­giosi e vision­ari: men­tre la galas­sia IRI si sgre­to­la ed il paese capi­to­la nel­la Sec­on­da Repub­bli­ca, il mod­el­lo del Trivene­to rag­giunge il suo apice in ter­mi­ni quan­ti­ta­tivi e qual­i­ta­tivi, con­t­a­m­i­nan­do final­mente le fun­zioni di staff — direzione Risorse Umane in prim­is — con la cre­ativ­ità e l’entusiasmo avan­guardista nati a bor­do macchi­na. Glas­ford parte­ci­pa a ques­ta sta­gione stra­or­di­nar­ia, muoven­do i pri­mi pas­si pro­prio da Vicen­za.

Il sis­tema regionale si fa dunque case his­to­ry inter­nazionale, gli indi­ca­tori fotografano la pri­mazia per liv­el­lo occu­pazionale, qual­ità del­la vita e servizi sociali. Nasce un dibat­ti­to sul­la ricetta per garan­tirne la sosteni­bil­ità, il con­sol­i­da­men­to e l’ulteriore evoluzione, indi­can­do le leve nec­es­sarie per trasfor­mare il mira­co­lo in best prac­tice (pos­si­bil­mente esporta­bile nel resto del paese).

Due su tutte: capa­bil­i­ty finanziaria per sostenere i pro­ces­si di aggregazione, man­age­ri­al­iz­zazione ed inter­nazion­al­iz­zazione; svilup­po delle infra­strut­ture per adeguare la cir­co­lazione del cap­i­tale umano e l’interscambio di idee — pri­ma anco­ra che delle mer­ci – a cotan­ta aspi­razione.

L’equivoco autoreferenziale

Cosa non ha fun­zion­a­to e per­ché non si è con­cretiz­za­to quel tan­to aus­pi­ca­to volano “di scala e di scopo”? E’ pos­si­bile indi­vid­uare delle piste dif­fer­en­ti da quelle già bat­tute a liv­el­lo acca­d­e­mi­co ed asso­cia­ti­vo per com­pren­dere come mai, dalle ambizioni di un nuo­vo mod­el­lo di com­pet­i­tiv­ità glob­ale del made in Italy, ci ritro­vi­amo a cel­e­brare nel­la mag­gio­ran­za dei casi un effi­ciente ed inte­gra­to “arti­giana­to indus­tri­ale” glo­cal e 4.0?

Come avrebbe sen­ten­zi­a­to il Gen­erale De Gaulle, “vas­to pro­gram­ma”.

A liv­el­lo macro­scop­i­co, è innanz­i­tut­to nec­es­sario riconoscere che l’accesso a set­tori strate­gi­ci come Dife­sa, Ener­gia, Trasporti o Comu­ni­cazioni neces­si­ta per forza di cose l’appoggio coor­di­na­to di una con­troparte polit­i­ca gov­er­na­ti­va con­sapev­ole di se stes­sa, degli inter­es­si del­la nazione e del­la sua col­lo­cazione nell’agone inter­nazionale. Una gui­da che definis­ca le linee rosse da seguire ed inter­preti la dimen­sione eco­nom­i­ca del Paese come un suo stru­men­to di affer­mazione. Inte­s­tandosene una piani­fi­cazione strate­gi­ca di lun­go rag­gio deg­na di questo nome. Per ulte­ri­ori infor­mazioni cito­fonare al Min­istère de l’E­conomie et des Finances: iro­nia del­la sorte, dalle Dolomi­ti al Gol­fo di Tri­este l’atteggiamento oltralpino negli affaires Lux­ot­ti­ca e Fin­cantieri ci dimostra quale sia la tat­ti­ca ricor­rente del nos­tro part­ner europeo nell’affrontare le ques­tioni davvero impor­tan­ti.

In defin­i­ti­va, per uscire dal mare nos­trum e sol­care gli oceani in sicurez­za non bas­ta pre­sidiare com­mer­cial­mente l’export diver­si­f­i­can­do i mer­cati di sboc­co, inve­stire costan­te­mente in R&D, puntare alla sosteni­bil­ità o dotar­si di strut­ture cor­po­rate.

E’ nec­es­saria l’intelligence.

La magis­trale inter­pre­tazione di Favi­no in Ham­mamet e la serie di suc­ces­so 1992 con Accor­si sono entrambe espres­sioni di un doloroso ed irrisolto sen­tire comune. Lun­gi da qualunque giudizio di mer­i­to, in coda per l’ennesimo proces­so di “paci­fi­cazione nazionale”, in ques­ta sede ci inter­es­sa con­statare che nel­la fase di pas­sag­gio tra sec­on­do e ter­zo mil­len­nio, tra Lira ed Euro, con il quad­rante europeo post guer­ra fred­da in cer­ca di un nuo­vo equi­lib­rio, ci siamo trovati sprovvisti di quel­la gen­er­azione di sta­tisti bipar­ti­zan capace di dis­tinguere la gram­mat­i­ca del­la polit­i­ca inter­na da quel­la del­la polit­i­ca estera, abit­u­a­ta ad una relazione sim­met­ri­ca guardan­do negli occhi i pari gra­do delle can­cel­lerie estere, abile nel ricer­care e mag­nifi­care pro domo nos­tra qualunque spazio di manovra ed autono­mia ci fos­se con­ces­sa dal­la con­trap­po­sizione East VS West. Nel­lo speci­fi­co, ritaglian­do­ci una sfera d’influenza lun­go sponde del mediter­ra­neo merid­ionale e nel quad­rante bal­cani­co. Il Pen­ta­parti­to non era un gov­er­no tec­ni­co delle larghe intese.

Suc­ces­si­va­mente, con il dibat­ti­to par­titi­co nazionale impeg­na­to nel mup­pet show dei buoni e cat­tivi, le opere infra­strut­turali ed i cantieri in ritar­do cron­i­co e gli isti­tu­ti di cred­i­to locali tris­te­mente pro­tag­o­nisti delle pagine di cronaca giudiziaria, l’imprenditoria del Nordest affronta l’internazionalizzazione facen­do affi­da­men­to sulle pro­prie energie e spin­ta dal­lo spon­taneis­mo avven­turiero che la con­trad­dis­tingue: in molti casi met­ten­do in dis­cus­sione le logiche di ieri per pen­e­trare nuovi mer­cati investen­do in risorse e cap­i­tale umano, rac­coglien­do episo­di di suc­ces­so ed oppor­tu­nità di mat­u­razione per i cor­pi azien­dali nel­la loro total­ità, in alcu­ni altri lim­i­tan­dosi ad oper­azioni di delo­cal­iz­zazione det­tate da final­ità stret­ta­mente oppor­tunis­tiche.

Facen­do i con­ti alla fine, osser­van­do il rank­ing delle aziende del ter­ri­to­rio per fat­tura­to nel cor­so degli ulti­mi ven­ti anni, ci accor­giamo di due cose.

In prim­is la man­ca­ta appli­cazione del­la teo­ria del­la cir­co­lazione delle elites di Pare­to: sal­vo le nec­es­sarie eccezioni, nelle posizioni di ver­tice con­sol­i­dano la loro lead­er­ship i nomi e cog­no­mi pro­tag­o­nisti del mira­co­lo di cui sopra, man­te­nen­do un sostanziale dis­tac­co quan­ti­ta­ti­vo da even­tu­ali nuovi pre­tenden­ti al podio.

La sec­on­da evi­den­za non neces­si­ta di teo­re­mi: nes­sun vuo­to (di potere) res­ta vuo­to trop­po a lun­go. Ad occu­pare quel­lo spazio e i rel­a­tivi posti in clas­si­fi­ca han­no con­cor­so aziende straniere, in alcu­ni casi attra­ver­so pro­ces­si di acqui­sizione, in altri attra­ver­so le sub­sidiaries ital­iane con HQ nel Nordest – in questo sen­so va cita­ta la predilezione cul­tur­ale e logis­ti­ca riconosci­u­ta dalle aziende tedesche a Verona, che tra gli altri ospi­ta due dei prin­ci­pali food retail­er mon­di­ali ed il mar­chio che dà il nome al più impor­tante car mak­er del piane­ta.

Dan­done una inter­pre­tazione geopo­lit­i­ca, se l’espansionismo francese dimostra di prediligere le high street com­pa­nies pun­tan­do sull’impatto psi­co­logi­co del pres­ti­gio del brand (fash­ion & food), quel­lo teu­ton­i­co pre­mia la tec­nolo­gia ed il posizion­a­men­to strate­gi­co nelle catene del val­ore di rifer­i­men­to per l’industria domes­ti­ca. Nel caso di un seg­men­to chi­ave come quel­lo dell’HVAC/R i colos­si che ne parte­ci­pano alla spar­tizione par­lano amer­i­cano, giap­ponese, francese, olan­dese, cinese, fin­lan­dese e svedese, spazian­do dal cuore del Friuli alla bas­sa veronese, dall’area tra Bas­sano e Fel­tre alla per­ife­ria di Pado­va.

Per un’analisi com­par­a­ti­va né la Milano da bere dei ram­pan­ti 80s né la sua ver­sione da metropoli euro­pea post Expo ci aiu­tano: occorre guardare dall’altra spon­da del Po e doman­dar­si cosa ha reso pre­m­i­nente il ver­tice merid­ionale del nuo­vo tri­an­go­lo indus­tri­ale, tan­to da indurre i gior­nal­isti a par­lare di “sor­pas­so emil­iano”.

Ci chiedi­amo se quel sis­tema coop­er­a­ti­vo che nei decen­ni del­l’ide­olo­gia può aver rap­p­re­sen­ta­to un vin­co­lo al libero svilup­po d’im­pre­sa, a pos­te­ri­ori pos­sa attribuir­si il mer­i­to di aver dif­fu­so uno stile di man­age­ment vota­to all’efficienza ed alla pro­gram­mazione, imper­son­ato dal mito di una macchi­na orga­niz­za­ti­va per­fet­ta­mente fun­zio­nante a tut­ti i liv­el­li, trasmis­si­bile a centi­na­ia di quadri attra­ver­so un olia­to mec­ca­n­is­mo di del­e­ga e con­trol­lo.

Forse queste cat­e­gorie di pen­siero, mutu­ate dal politi­co alla Motor Val­ley lun­go i dis­tret­ti del food, del pack­ag­ing, del phar­ma, del tes­sile e del­la mec­ca­ni­ca di pre­ci­sione, inner­vano un telaio ter­ri­to­ri­ale già edu­ca­to a proi­et­tar­si ver­so l’ester­no come Col­let­tiv­ità, per­ché plas­ma­to da una ped­a­gogia polit­i­ca di matrice uni­ver­sal­is­ti­ca? Parafrasan­do Lucarel­li e Ton­di­ni, “cit­tà d’arte e dis­tret­ti indus­tri­ali, le spi­agge delle riv­iere che pul­sano sia di giorno che di notte, e spes­so soltan­to una stra­da o una fer­rovia a sep­a­rare tut­to questo… e noi le vivi­amo tutte queste cose, nel­lo stes­so momen­to, per­ché siamo gente che lavo­ra a Bologna, dorme a Mod­e­na, e va a bal­lare a Rim­i­ni, e tut­to ci sem­bra comunque la stes­sa cit­tà che si chia­ma Emil­ia Romagna.”

Nel­la regione che riuscì ad indus­tri­al­iz­zare il com­par­to tur­is­ti­co, inven­tan­do un mod­el­lo di busi­ness fonda­to sull’inno­va­tion in hos­pi­tal­i­ty e sull’efficienza dei servizi in bar­ba ai panora­mi o alla bellez­za dei fon­dali, non è sta­to dif­fi­cile per la Riv­iera con­t­a­m­inare l’entroterra man­i­fat­turiero con la cul­tura dell’apertura e dell’accoglienza.

Del resto il mantra pub­blic­i­tario ci ricor­da da oltre trent’anni che dove c’è un piat­to di pas­ta c’è casa, la comu­nità è più grande (ed impor­tante) di un super­me­r­ca­to: L’Emilia accoglie tut­ti alla sua tavola per fare busi­ness.

Una via Emil­ia con­tro tan­ti cam­panili e trop­po cam­panil­is­mo.

Ma a poco più di un’ora di dis­tan­za, risal­en­do lun­go l’Autobrennero, qual­cuno ha già rac­colto il tovagli­o­lo di sfi­da superan­do la soglia psi­co­log­i­ca del mez­zo mil­iar­do di fat­tura­to con­qui­s­tan­do gli Sta­ti Uni­ti con il sor­riso ed i tortelli­ni.

Un mito in trasformazione

Allo­ra come si riparte?

Come nel­la migliore tradizione resiliente, siamo già ripar­ti­ti. Inizian­do a trasfor­mare in oppor­tu­nità di cresci­ta i pre­sun­ti ele­men­ti di debolez­za.

Nell’era del­la dig­i­tal dis­rup­tion e del­lo stravol­gi­men­to sem­pre più veloce dei mod­el­li di go to mar­ket, un ter­ri­to­rio così diver­si­fi­ca­to per vari­età di dis­tret­ti e spe­cial­iz­zazioni di prodot­to sta garan­ten­do inter­azioni vir­tu­ose rap­p­re­sen­tan­do un lab­o­ra­to­rio per­ma­nente per l’innovazione.

Par­al­le­la­mente, la stret­ta prossim­ità di aziende a gui­da impren­di­to­ri­ale, imp­rese multi­nazion­ali e realtà parte­ci­pate da investi­tori isti­tuzion­ali qual­i­fi­cati, per­me­tte il con­fron­to e sti­mo­la la con­t­a­m­i­nazione tra mod­el­li di gov­er­nance e politiche ges­tion­ali dif­fer­en­ti, pro­ces­si di creazione del val­ore etero­genei, generan­do un inter­scam­bio vir­tu­oso di idee e sto­rie di vita d’impresa dif­fi­cil­mente replic­a­bile altrove.

Ad esem­pio il com­par­to far­ma­ceu­ti­co locale, reso ancor più strate­gi­co dal­la pan­demia glob­ale, rap­p­re­sen­ta esem­plare dimostrazione di questo con­nu­bio gra­zie alla com­p­re­sen­za di cen­tri di ricer­ca, unità pro­dut­tive di pres­ti­giose realtà straniere ed inno­v­a­tive imp­rese locali a loro vol­ta sem­pre più glob­ali e per­for­man­ti.

Cre­do che il con­trib­u­to di chi opera nel­la con­sulen­za orga­niz­za­ti­va risul­ti ingre­di­ente chi­ave di ques­ta alchimia, favoren­do il dial­o­go e sti­molan­do la coop­er­azione sol­i­dale tra i tan­ti attori coin­volti. Sor­ri­do quan­do mi si dice che sono un head hunter fuori dagli sche­mi, ma è così che noi di Glas­ford vivi­amo la nos­tra mis­sione: la capac­ità di val­oriz­zare le dif­feren­ze traen­done una sin­te­si ed una visione strate­gi­ca a ben­efi­cio dell’evoluzione e del­la com­pet­i­tiv­ità del ter­ri­to­rio, pas­sa per la piena eman­ci­pazione del nos­tro cap­i­tale umano la cui ric­chez­za va por­ta­ta a sis­tema ed esalta­ta.

Al con­tem­po la vivac­ità delle inizia­tive pro­mosse da net­work e asso­ci­azioni di pro­fes­sion­isti come AIDP o ANDAF, la spin­ta delle sezioni gio­vanili delle ter­ri­to­ri­ali di Con­find­us­tria ver­so i pro­ces­si di inte­grazione dimostra­no la chiara volon­tà del­la futu­ra classe diri­gente del Nordest di abban­donare l’introversione per seguire ambizioni di ben altro respiro. Per far sen­tire più forte la pro­pria voce oltre il ter­ri­to­rio ed accred­i­tar­si alla gui­da delle pro­prie aziende con mag­giore cor­ag­gio, por­tan­do a bor­do i col­lab­o­ra­tori di ieri e di domani coin­vol­gen­doli in una visione del futuro che traghet­ti il famiger­a­to pas­sag­gio gen­er­azionale.

Come non citare l’emblematica nuo­va vita del Por­to di Tri­este, assun­to ormai ad esem­pio di eccel­len­za ges­tionale e pun­to di rifer­i­men­to del dibat­ti­to sul­la logis­ti­ca a liv­el­lo mon­di­ale, gra­zie alla tenace lungimi­ran­za di un Man­ag­er veronese adot­ta­to e dife­so a furor di popo­lo dal­la comu­nità giu­liana. Uti­liz­zan­do quel­la vis­i­bil­ità geopo­lit­i­ca dovu­ta all’espansione delle Vie del­la Seta lun­go le rotte europee, sapen­do tradurla in inves­ti­men­ti e prog­et­tual­ità, cresci­ta occu­pazionale, giun­gen­do all’accordo che con­ver­tirà la sco­mo­da “Ilva del Trivene­to” in una nuo­va piattafor­ma logis­ti­ca ed hub fer­roviario che con­solid­er­an­no la piattafor­ma al cen­tro del sis­tema di col­lega­men­to euroasi­ati­co.

Per­ché com­piere una scelta di cam­po tra cul­tura man­i­fat­turi­era con­ti­nen­tale e nat­u­rale vocazione marit­ti­ma, quan­do potrem­mo esprimer­ci pien­amente in entrambe le esten­sioni mag­nif­i­can­do le nos­tre poten­zial­ità al quadra­to?

Se Roma non se ne inter­es­sa, poco impor­ta.

La sta­gione delle riven­di­cazioni per le man­cate atten­zioni, l’asimmetria fis­cale, l’inefficienza del­la buro­crazia cen­trale e tutte le com­pren­si­bili ragioni che han­no sostanzi­a­to la nar­razione del Nordest iden­ti­tario negli ulti­mi decen­ni, va archivi­a­ta per­ché man­i­fes­tata­mente infrut­tu­osa, pog­gian­do la sua retor­i­ca su un prin­ci­pio di sub­or­di­nazione ab orig­ine.

Urge dotar­si del­la mag­ni­tu­do di un nuo­vo mito per trainare la real­iz­zazione di un sog­no, un mito che trascen­da gli inter­es­si stret­ta­mente region­ali e le logiche autoref­eren­ziali, che ambis­ca a riportare l’attenzione e gli occhi del mon­do sul­l’u­ni­ver­sal­ità che ques­ta macrore­gione può rap­p­re­sentare.

Va rib­al­ta­to l’equivoco indipen­den­tista, per­ché proi­et­ta­to al minus­co­lo, per intes­tar­si al con­trario una supe­ri­ore respon­s­abil­ità che riem­pia di mer­i­tocrazia e moder­nità un diver­so par­a­dig­ma nazionale del fare bene e insieme.

E’ la pro­va del­la matu­rità tan­to atte­sa quan­to inevitabile, il pas­sag­gio gen­er­azionale di un ter­ri­to­rio e del­la sua classe diri­gente.

Ricor­diamo le parole del com­pianto Gian­ni de Miche­lis riv­olte ad uno dei min­istri veneti di recente nom­i­na nel momen­to del suo esor­dio in polit­i­ca: “Vuoi far­la? Allo­ra stu­dia come fun­ziona il polo indus­tri­ale di Marghera, stu­dia il piom­bo, lo zin­co, l’al­lu­minio, la cantieris­ti­ca, impara i cicli pro­dut­tivi, stu­dia i mer­cati, i lavo­ra­tori, le relazioni sin­da­cali, i con­flit­ti, per­ché da lì parte la polit­i­ca”.

La nostra parte

Questi appun­ti con­di­visi oggi con voi sono il frut­to di un’eredità pro­fes­sion­ale com­pi­u­ta nel cor­so degli anni attra­ver­so il con­fron­to con ammin­is­tra­tori del­e­gati, uomi­ni di impre­sa e man­ag­er che ogni giorno deci­dono e cre­ano val­ore in un ter­ri­to­rio in cui mi riconosco e mi iden­ti­fi­co, per­ché ho avu­to la pos­si­bil­ità di aderirvi per scelta.

E’ un con­fron­to che attec­chisce nel cam­po di mia com­pe­ten­za, alle anal­isi geopolitiche e socioe­co­nomiche si unis­cono quin­di quelle di mestiere in Glas­ford: Tridi­men­sion­al­ità e Co-prog­et­tazione sono le due diret­tri­ci lun­go le quali ci muovi­amo per esplo­rare i mer­cati, conoscere a fon­do le imp­rese e creare una relazione di rec­i­proc­ità e fidu­cia, con­sol­i­da­ta nel tem­po.

Rileggen­do questi appun­ti e pen­san­do ad un futuro da costru­ire insieme riten­go che, oggi più che mai, la classe diri­gente deb­ba guidare una ulte­ri­ore trasfor­mazione del Nordest, dis­eg­nan­do ed infor­man­do orga­niz­zazioni a misura dei pro­pri val­ori, dosati sag­gia­mente con cap­i­tale umano.

Nel far questo, la capac­ità di lavo­rare in part­ner­ship con e tra aziende, per­sone, isti­tuzioni, non potrà che favorire la cresci­ta vir­tu­osa dell’intero sis­tema.

Tre anni fa ho abbrac­cia­to il prog­et­to Glas­ford anche per il comune sen­tire con questo Cre­do azien­dale. Noi siamo con­vin­ti sia ques­ta la leva per con­tribuire ad un nuo­vo mira­co­lo eco­nom­i­co e quo­tid­i­ana­mente ci impeg­ni­amo nel per­cor­so di Peo­ple Dis­cov­ery, anche a ris­chio – con gioia ed auda­cia – di ridefinire la seman­ti­ca dell’exec­u­tive search

Mar­co Ali­ci Bion­di, Asso­ciate Part­ner Glas­ford Inter­na­tion­al Italy

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