23. Gennaio 2024 Valeria Palombini: l’evoluzione della leadership per costruire organizzazioni inclusive, aperte e sostenibili
Un nuovo concetto di leadership aziendale capace di far evolvere l’organizzazione, guidandola attraverso un sistema valoriale che metta al centro l’individuo, l’ambiente, la società nel suo complesso. Valeria Palombini, Human Capital Solutions Director, Partner & Board Member di Glasford International Italy, racconta a SostenibileOggi.it (parte 1 – parte 2) la necessità delle aziende di diventare pienamente inclusive, aperte e sostenibili, grazie ad una leadership dotata di nuove competenze utili a rispondere efficacemente ai mutamenti del mercato.
Come si coniugano lo sviluppo sostenibile e l’evoluzione della leadership aziendale?
Innanzitutto, agendo come Role Model. L’evoluzione sociale e tecnologica porta a ripensare l’organizzazione e i suoi processi e a rimettere al centro le proprie persone nella ridefinizione del proprio purpose. Esso deve essere coerente con gli obiettivi strategici dell’azienda, allineando business model e assetto organizzativo, ed è importante comunicarlo efficacemente all’interno e all’esterno dell’organizzazione. A renderlo concreto contribuiscono i leader, chiamati ad agire come Role Model e a rendere i valori tangibili attraverso i comportamenti e le azioni quotidiane.
È fondamentale inoltre che il leadership team metta i propri collaboratori al centro di ogni decisione, disegnando una nuova People Strategy, capace di mediare tra le esigenze del business e quelle delle persone. È infatti ormai largamente dimostrato che benessere e motivazione contribuiscono fortemente alla realizzazione dei risultati prefissati.
Assume sempre più rilevanza anche la gestione dell’intergenerazionalità. In questo, un elemento rilevante è la possibilità di valorizzare la silver age, coloro cioè che anagraficamente sono da considerarsi Senior in azienda. Si tratta di un numero di persone sempre maggiore, perché sappiamo che in Italia e in Occidente l’età media è in aumento. Queste figure portano con sé un capitale di know how che non può essere disperso: consentire alle figure Senior di essere mentor per quelle più giovani è un tassello centrale per valorizzare le persone in un contesto evolutivo.
Role Model, People Strategy e gestione dell’intergenerazionalità sono quindi elementi chiave per la costruzione di organizzazioni inclusive, aperte e sostenibili.
Non è certo un processo facile nel sistema imprenditoriale italiano
Il contesto sociale ed economico ha un forte impatto sul futuro delle organizzazioni. Sarà cruciale, nella corsa all’acquisto dei nuovi strumenti di Intelligenza Artificiale, investire nello sviluppo di un digital mindset che consenta alle persone di guidare la tecnologia e metterla al servizio degli obiettivi strategici dell’azienda. È questa la sfida più importante: nel prossimo futuro l’acquisto di un numero importante di strumenti tecnologici da parte delle organizzazioni sarà pervasivo e più economico rispetto ad oggi, ma se le aziende non investiranno subito sul Capitale Umano e sulla sua formazione rischieranno di non essere comunque sufficientemente competitive. L’Intelligenza Artificiale è quindi un elemento dirompente, che sottolinea l’esigenza di una nuova leadership capace di creare network e partnership e di aprirsi alla contaminazione di competenze e culture.
Il sistema produttivo italiano è pronto ad accogliere queste sfide? Come influisce la struttura industriale italiana?
Il sistema imprese italiano è costituito per la maggior parte da piccole e medie imprese, spesso costruite da imprenditori visionari e di cui l’intero Paese dovrebbe essere orgoglioso, ma le dimensioni ridotte portano con sé una difficoltà nel trovare al proprio interno le risorse necessarie per garantirsi un futuro nel medio e lungo periodo. Un tema rilevante è quindi quello della successione e del passaggio generazionale: se non puntano su una maggiore managerialità, sull’introduzione di profili lavorativi capaci di apportare nuovi punti di vista grazie ad esperienze maturate in altri mercati, identificando al contempo le figure chiave per i prossimi cinque anni, le PMI potrebbero avere difficoltà a garantirsi un futuro sostenibile.
Come si è arrivati a identificare le competenze necessarie alla nuova leadership aziendale?
Per identificare le competenze che saranno fondamentali nel futuro, in Glasford crediamo nella necessità di un’analisi tridimensionale che coinvolga mercato – per cogliere trend di mercato, evoluzioni, opportunità di contaminazione e cross-fertilization –, organizzazione (cultura organizzativa propria dell’azienda e obiettivi per il futuro) e persona (valori, motivazioni, attitudini). Siamo infatti fermamente convinti che solo esplorando le tre dimensioni e connettendole tra loro sia possibile realizzare il nostro fine ultimo e accompagnare ogni impresa nella sua evoluzione, proiettandola nel futuro a partire dalle scelte compiute oggi.
Si parte dal concetto di leadership inclusiva.
Il Global Gender Gap Index (luglio 2023) del World Economic Forum colloca l’Italia al 79esimo posto nella graduatoria, subito dopo Kenya e Uganda e appena prima della Mongolia. Rispetto al 63esimo posto dello scorso anno, il nostro Paese è sceso di 16 posizioni.
Se questo non bastasse, è importante ricordare che il Gender Gap è solo uno degli aspetti da considerare: una leadership realmente inclusiva è infatti legata alla capacità di creare, gestire e valorizzare team diversificati non solo per genere, ma anche per età, etnia, orientamento sessuale, disabilità, religione, credo politico, livello culturale, modi di vivere e di pensare.
Per rendere le proprie organizzazioni realmente e pienamente inclusive, serve dunque una managerialità capace di dialogare con e per le diversità, perché essa non è solo un valore dal punto di vista etico ma anche economico, capace di migliorare risultati e performance dell’organizzazione. Secondo gli studi, ad esempio, le donne esprimono una leadership maggiormente orientata alla sostenibilità, associata ad un’attitudine al decision-making improntato sul medio e lungo periodo, ad alto impatto sul futuro dell’azienda. Emergono inoltre una maggiore capacità di negoziazione e un approccio people-first.
Una leadership inclusiva porta quindi ad accrescere la propria competitività. Guardando alla capacità di gestire il cambiamento, i team con membri diversificati risultano essere maggiormente flessibili e capaci di rispondere a sfide impreviste, portando la propria azienda a gestire in modo migliore crisi e cambiamenti. Inoltre, la diversità all’interno dei team può portare idee e prospettive uniche, stimolando la creatività e l’innovazione e rendendo così più probabile avere successo sul mercato. Ciò è vero anche quando l’espansione avviene su scala internazionale: uno studio pubblicato su Harvard Business Review nel 2022 ha rilevato che le aziende con una maggiore diversità etnica e di genere hanno maggiori probabilità di espandersi e di avere successo sul mercato globale.
Anche l’Engagement dei collaboratori è positivamente influenzato da questi aspetti: un ambiente di lavoro inclusivo e diversificato può aumentare la soddisfazione e l’impegno dei dipendenti, ridurre l’assenteismo e l’abbandono del lavoro, e migliorare la collaborazione e la coesione del team. Altrettanto rilevante è l’impatto sulla capacità di Attraction: da uno studio condotto da Business International nel 2022 emerge infatti che il 56% dei dipendenti intervistati afferma che, in futuro, non accetterà di entrare a far parte di un’impresa che non abbia una leadership diversificata. Sempre più persone valutano infatti le aziende non solo in base al pacchetto economico offerto, ma anche in relazione al wellbeing, al welfare e ai valori trasmessi.
La leadership del futuro è chiamata ad innovare
Per innovazione intendiamo la capacità di affrontare i problemi con curiosità e apertura mentale, ricercando in modo proattivo occasioni di miglioramento e facilitando l’implementazione di nuove idee e soluzioni nel proprio ambito di intervento.
Oggi più che mai, questo significa anche avere la capacità di governare la tecnologia, di coglierne sfide e opportunità, di comprendere che questi strumenti, Intelligenze Artificiali comprese, si limitano ad eseguire le istruzioni impartite dall’uomo e che, quindi, è l’uomo a doversi porre le giuste domande e a indirizzare l’uso della tecnologia verso la generazione di benessere. È fondamentale ricordarlo per costruire una società incentrata sull’uomo, orientata allo sviluppo sostenibile, in cui la tecnologia risponda ai bisogni delle persone e riduca ogni tipo di disparità sociale, economica, etnica, di età o di genere.
Per innovare con successo, bisogna tenere a mente un rischio che la tecnologia porta con sé ad oggi, cioè quello legato alla regolamentazione. Il progresso è rapido e spesso accade di rincorrerlo, anziché anticiparlo. Per questo la Commissione europea ha appena approvato un “AI Act” per regolamentare l’Intelligenza Artificiale con un approccio risk-based, imponendo obblighi di conformità e trasparenza proporzionali al danno che tali applicazioni possono causare ai diritti fondamentali degli individui che le usano: ciò porta con sé l’introduzione di nuove regole per l’immissione sul mercato, e il divieto di alcuni utilizzi, quali sistemi per l’identificazione biometrica in tempo reale o algoritmi che generino un “social scoring” delle persone.
In questo scenario, la digitalizzazione porta con sé per molte imprese la necessità di ripensare il proprio business model per rispondere alle evoluzioni in atto.
Innovazione ed evoluzione sono strettamente legate alla capacità di networking
È fondamentale quindi la capacità di costruire e mantenere relazioni con figure chiave in tutta l’organizzazione e all’esterno, promuovendo una comunicazione attiva e fluida, prendendosi cura del mantenimento di una struttura di contatti che favoriscano il mutuo problem solving.
Le prime ad agire per favorire l’ibridazione, la contaminazione e la cross-fertilization sono state le multinazionali, acquisendo o creando partnership con startup – che in Italia sono numerosissime: 14.621 startup innovative, secondo un recente report del Ministero dello Sviluppo Economico, un segnale positivo della crescita che stiamo vivendo.
Negli ultimi anni stanno acquisendo maggiore rilevanza anche altri fenomeni che consentono alle organizzazioni di costruire relazioni con altre aziende, come il Venture Capital, ossia l’apporto di capitale di rischio da parte di un fondo di investimento per finanziare l’avvio o la crescita di un’attività in settori ad elevato potenziale di sviluppo, innovazione e attrattiva. Fenomeni simili portano ad espandere il proprio business, attraverso la core extension, una delle principali leve competitive per le organizzazioni del futuro.
Tutto si condensa nel change management
Per evolvere, infine, è fondamentale che i leader sappiano riconoscere il cambiamento come un’opportunità per generare valore, facilitandone l’implementazione e generandolo, quando necessario. Il cambiamento spesso è difficile e faticoso, e per natura le persone mostrano sempre una certa resistenza verso di esso. Per questo, gestire l’aspetto umano nei momenti di transizione risulta essere la dimensione più delicata.
Il change management è una competenza complessa per natura, perché non si tratta solo di avere le capacità di pensiero per immaginare il futuro ma anche di ingaggiare e coinvolgere le persone, per poi far vivere il cambiamento attraverso i comportamenti quotidiani. È oggi la competenza più richiesta sul mercato, che consente di governare l’evoluzione e renderla possibile. Porta con sé e si alimenta delle altre competenze citate: innovazione, inclusione, capacità di fare networking basato sulla fiducia (sia con gli stakeholder interni sia con quelli esterni all’organizzazione).
In questo scenario, quindi, la nostra missione come organizzazione è quella di contribuire a questo cambiamento, partecipando, con le nostre azioni, alla costruzione di una società che possa esprimere vero valore economico, sociale e culturale, per le generazioni presenti e future.
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