
20. Novembre 2020 Le organizzazioni del New Normal: intelligenza emotiva, intelligenza artificiale e anti-fragilità
Da alcuni anni ormai la società a livello mondiale sta affrontando un percorso di profonda e inarrestabile trasformazione il cui impatto si può percepire a vari livelli: del sistema economico, sociale e politico, fino ad arrivare a quello organizzativo ed infine individuale. Rivoluzioni tecnologiche, crisi economiche sempre più frequenti e imprevedibili, precarietà di risorse su cui si è basato per anni il modello capitalista; l’arrivo a inizio 2020 di una pandemia sanitaria di carattere globale è stato da molti letto come il momento di discontinuità più forte della storia più recente.
E SE INVECE FOSSE “soltanto” L’ACCELERATORE per quel CAMBIAMENTO, inevitabile e inarrestabile, che come uomini, imprese e sistema stiamo RIMANDANDO FORSE DA TROPPO TEMPO?
Ebbene, leggendo in questi termini quanto stiamo vivendo, potremmo aprirci ad una comprensione più profonda dei fenomeni in corso, non da ultimo la nascita di nuovi modelli di business e organizzativi che sempre più sembrano puntare ad una CRESCITA SANA, REALE E SOSTENIBILE. Cosa stanno affrontando dunque le ORGANIZZAZIONI in questo NEW NORMAL?
Una prima risposta ci arriva dalla comprensione della trasformazione digitale in pieno corso: Industria 4.0 nel cuore manifatturiero d’Europa, i poli dell’innovazione tecnologica tra Silicon Valley e Levante, passando per Society 5.0 che in Giappone vede l’avvio di una Super Smart Society, dove IT e Intelligenza Artificiale saranno i “semi” di una nuova società umanocentrica.
Partiamo proprio dal concetto di Intelligenza Artificiale e di come sta cambiando il nostro modo di vivere l’impresa: nata con gli studi di Alan Turing nel 1936, Intelligenza Artificiale si basa sui principi fondativi della computabilità e della calcolabilità (On Computable Numbers, with an Application to the Entscheidungsproblem, A. Turing, 1936) che tutt’oggi muovono i più sofisticati calcolatori e che hanno segnato l’avvio e l’evoluzione dell’AI fino ai giorni nostri. Nella nostra era, segnata da un forte sviluppo verso la digitalizzazione, l’AI trova svariati campi di applicazione all’interno di grandi, medie e piccole organizzazioni, toccando e influenzando in modo orizzontale ogni funzione aziendale: dall’ HR al Marketing fino alla produzione.
Secondo un recente studio del World Economic Forum, intitolato The future of Job Report (2020), gli ultimi anni sono stati fautori di una significativa accelerazione nell’adozione di nuove tecnologie da parte delle aziende.
È previsto che entro il 2025 le aziende adotteranno in modo sempre più capillare tecnologie quali: Cloud Computing, Big Data, IoT, Cybersecurity e Crittografia. Un numero sempre più elevato di organizzazioni utilizzeranno, inoltre, robot non umanoidi che diventeranno presto un pilastro del lavoro all’interno delle industrie. Questo scenario sarà esteso a vari business trovando diversi campi di applicazione quali ad esempio i servizi finanziari, la sanità, la logistica ed i trasporti. Ma la potenza di questa rivoluzione è anche data dalla capacità, attraverso nuovi strumenti tecnologici, di generare nuove opportunità di business grazie ad un’estensione della value chain ben oltre l’organizzazione stessa, includendo fornitori e clienti e muovendosi sempre più spesso nella logica della servitization e di un mondo iper connesso.
Ma la trasformazione in corso non è pura tecnica: emerge sempre più frequentemente il binomio “tech & human-oriented” di questa rivoluzione che sembra ridisegnare i ruoli e le interazioni tra macchina ed essere umano che, secondo alcuni sturi, entro il 2025 sono destinati ad una ancora più integrata connessione. Se Umberto Galimberti nel suo Psiche e tecne. L’uomo nell’età della tecnica ci rammenta l’insostenibilità e sventurata risoluzione, a discapito dell’Uomo, dell’atavico conflitto con la tecne, a noi piace pensare che forse una positiva chiave di lettura nasca proprio dalla rinnovata centralità della persona nelle organizzazioni e della sua capacità di agire secondo i principi dell’Emotional Intelligence (o EI).
Intelligenza Emotiva è un concetto che sappiamo essere stato introdotto per la prima volta negli anni ‘90 grazie agli studi del celeberrimo Daniel Goleman che con questo evento abbiamo il piacere di ritrovare.
EI raccoglie in sé svariate sfaccettature ma fa innanzitutto riferimento alla “CAPACITA’ di PERCEPIRE, RICONOSCERE, VALUTARE E GESTIRE le proprie ed altrui emozioni”.
In tal senso, EI può esser considerata la skill che diversifica l’essere umano dalla macchina per quanto quest’ultima sia pur in grado di percepire e simulare le emozioni umane come dimostrano recenti studi. L’intelligenza emotiva influenza e guida le nostre relazioni professionali e sociali, le nostre scelte, il modo in cui percepiamo i comportamenti altrui e il significato che gli attribuiamo. Influisce sulle nostre decisioni e sul modo in cui ognuno di noi si relaziona al mondo che lo circonda sempre più mutevole, incerto, complesso e ambiguo (def. VUCA); in tal senso, l’EI può rappresentare la chiave di volta nonché il meccanismo acceleratore per affrontare positivamente le avversità e il cambiamento, favorendo lo sviluppo all’interno delle organizzazioni di un elevato livello di engagement e commitment. Che l’EI entri sempre più spesso nelle analisi sulla creazione di valore lo dimostrano anche recenti studi: in un’indagine condotta nel 2019 da Capgemini Research Institute (EI– the essential skillset for the age of AI) l’83% delle aziende ha affermato che avere una forza lavoro con un alto livello di intelligenza emotiva sarà un prerequisito per raggiungere il successo in futuro.
La maggior parte delle aziende che hanno un capitale umano emotivamente intelligente, infatti, ottengono mediamente un INCREMENTO di BENEFICI di oltre il 20%.
I principali benefici quantitativi e qualitativi includono una maggiore produttività, una maggiore soddisfazione dei dipendenti e ambienti di lavoro più collaborativi. Ciò detto, possiamo affermare quindi che organizzazioni dotate di un buon livello di Intelligenza Emotiva potranno essere favorite in quanto dotate di una leva competitiva importante rispetto alla quale surfare sulle onde del cambiamento, in un mercato sempre più imprevedibile tanto nei suoi rischi così come nelle sue opportunità.
Recuperando dunque le premesse di questo articolo, che poneva in evidenza l’accelerazione dei cambiamenti in atto apportata dalla pandemia e da ciò che ne sta conseguendo, possiamo intravedere un New Normal dove a CAMBIARE è anche il paradigma stesso di CAMBIAMENTO.
Esso non appare più come un momento di discontinuità e cesura con il preesistente quanto piuttosto come una condizione continuativa, di costante MOVIMENTO e FLUIDITA’ nel quale la persona, le imprese, le istituzioni imparano ad esistere accettando il RISCHIO di decidere con informazioni scarse e mutevoli, in un continuo e inarrestabile flusso evolutivo.
Evoluzione diventa quindi il rischio che si tramuta in opportunità: quando l’individuo, così come l’impresa, accoglie la crisi e la trasformazione che porta con sé abbracciando, non resistendo al cambiamento. Le organizzazioni del New Normal appaiono dunque ai nostri occhi come realtà che riscoprono la forza della persona al centro, capaci di capitalizzare le trasformazioni tecnologiche in corso al servizio del business e per le persone; dotate DELL’INTELIGENZA EMOTIVA.
che crea ponti, connessioni, vicinanza anche e a maggior ragione nelle fasi più dure della distanza fisica che questo periodo ci sta facendo esperire. Le ORGANIZZAZIONI del New Normal sono imprese ANTIFRAGILI, prendendo in prestito la lezione di Nicholas Taleb: sistemi in grado di evolvere nel proprio percorso di esplorazione accogliendo gli impulsi di un mondo incerto e in costante mutamento dove proprio la capacità di adattarsi, o meglio ancora, di rinnovarsi mettendo a valore aggiunto ciò che si è stati, ciò che si è e quello che ancora potrà venire, pare essere molto PIU’ POTENTE DEL CONCETTO DI RESILIENZA che vede i metalli resistere all’urto per tornare ciò che erano prima.
Se vogliamo essere promotori di quel cambiamento che, come si diceva all’inizio, forse da troppo tempo è rimandato come esseri umani e organizzazioni dovremo, più che dai metalli, apprendere qualcosa in più dal mondo vegetale che nel corso dei secoli ci ha dimostrato la sua straordinaria capacità di resilienza trasformativa. Stefano Mancuso, scienziato di fama mondiale, ci dice dalle pagine di Plant Revolution (2017) che “le piante sono organismi costruiti su un modello totalmente diverso dal nostro. Vere e proprie reti viventi, capaci di sopravvivere a eventi catastrofici senza perdere di funzionalità… Perfetto connubio tra solidità e flessibilità, le piante hanno straordinarie capacità di adattamento, grazie alle quali possono vivere in ambienti estremi”.
Questi organismi, non avendo via di fuga come in molti casi invece l’Uomo ha, ABBRACCIANO LA CRISI e il cambiamento facendo leva sull’esplorazione di nuove risorse, territori, forme, aprendosi all’intero ecosistema e alla propria EVOLUZIONE. L’inverno sta per iniziare L’inverno sta per iniziare o forse già lo stiamo vivendo, a seconda dei punti di vista. Se però lo affronteremo con questi strumenti e la consapevolezza del nuovo paradigma, impegnandoci in un circolo virtuoso che dalla nostra organizzazione si irradi verso l’esterno abbracciando l’intera comunità, la primavera non tarderà molto a venire. Con l’auspicio, per tutti voi che ci leggete, di farvi trovare pronti per la Rinascita, investendo sulle vostre risorse intangibili non solo per esser più competitivi sul mercato e per rendere le vostre organizzazioni “human & emotional oriented”, ma per realizzare un rinnovato e profondo senso di Umanesimo.
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