13. Maggio 2021 La sostenibilità nell’era della logistica
In base a quanto emerge dal IX Rapporto sull’impegno sociale delle aziende in Italia, promosso dall’Osservatorio Socialis, le aziende italiane hanno investito nel 2019 la cifra di 1,771 miliardi in azioni di Corporate Social Responsibility e Sostenibilità, con un incremento del 25% rispetto al 2017, e ad investire è stato il 92% delle aziende con oltre 80 dipendenti.
Questi numeri testimoniano l’aumento di consapevolezza nei confronti di queste tematiche che, per la correlazione significativa che intrattiene con le scelte strategiche, sono sempre più spesso sui tavoli dei decision maker in azienda.
Noi di Glasford International Italy, alla luce dell’expertise consulenziale maturata nel corso degli anni al fianco di imprenditori, manager e capi azienda, siamo particolarmente attenti nel coltivare riflessioni e confronto su temi che consideriamo decisivi per la creazione di valore per il sistema imprese. Uno di questi è la sostenibilità e abbiamo deciso di parlarne da uno dei punti di osservazione più rilevanti: quello della Logistica e dei Trasporti in cui operiamo attraverso mandati di Executive Search da oltre vent’anni all’insegna della cross-fertilization e della co-progettazione.
Il nostro Associate Partner Andrea Lamanna ha intervistato Daniele Testi, Presidente di SOS-LOGistica, e Gianfranco Cocchi, HR Director di Stef Italia, con l’obiettivo di meglio investigare cosa significhi per un’azienda imprendere tenendo conto dei temi ESG e che impatto e opportunità essi generino per il proprio business e sul fronte organizzativo.
AL: Ing. Testi, cosa significa per un’azienda che opera nella logistica oggi investire in termini di sostenibilità? Quante sono le declinazioni di sostenibilità?
DT: Il tema della sostenibilità per molto tempo è stato affrontato dagli operatori logistici come un aspetto prettamente ambientale ed ecologista. Migliorare le proprie performance ambientali voleva dire investire in nuove tecnologie (mezzi ed infrastrutture), con esborsi poco compatibili con la dimensione media degli operatori e con le pressioni sui costi a cui il settore è da sempre sottoposto. Solo di recente e grazie ad alcune iniziative come quelle dell’agenda 2030 dell’ONU si è iniziato a declinare la sostenibilità sui diversi assi includendo le tematiche di responsabilità sociale e di sostenibilità economica. Questo, seppur lentamente, sta contribuendo ad una trasformazione del sistema e finalmente la sostenibilità viene percepita come una leva per innovare ed essere più efficienti, resilienti e competitivi. Insomma non si guarda solo ai costi per migliorare le proprie performance ambientali ma anche a tutti i vantaggi che ne derivano sul mercato in termini di fidelizzazione dei clienti, differenziazione dell’offerta e mitigazione dei rischi. In questa equazione, secondo SOS-LOGistica, l’associazione per la logistica sostenibile, nata in Italia nel 2005, entrano due ulteriori variabili:
1) le policy, che sempre di più premieranno le pratiche virtuose per ciò che riguarda il sostegno finanziario e le norme operative e di regolamento;
2) i consumatori ovvero i beneficiari ultimi dei servizi di logistica e trasporto che sempre di più richiederanno garanzie sull’impatto ambientale, economico e sociale dei prodotti acquistati lungo l’intero ciclo di vita ovvero dalla produzione allo smaltimento/riciclo.
AL: Pare emergere in maniera netta dalla sua analisi che la sostenibilità incontri sempre più gli obiettivi strategici dell’impresa che opera nella logistica, ne orienti scelte, crei opportunità… che impatto ha questo sui business model di queste aziende?
DT: Sì, confermo. Finalmente queste tematiche iniziano a permeare lo sviluppo dei modelli di business orientandoli verso un’economia più circolare e meno lineare. In questo nuovo contesto gli operatori della logistica sono chiamati a sviluppare nuove competenze ed una cultura di base più sistemica che sia in grado di far emergere il valore della logistica e non soltanto i costi. Gli strumenti ci sono e possono derivare da iniziative esterne come tutte le normative legate a Qualità, Sicurezza e Ambiente o la certificazione di Benefit Company che si basa su modelli di business rigenerativi. Altri strumenti sono stati concepiti attraverso un’esperienza verticale di settore, come ad esempio il rating di sostenibilità elaborato da SOS-LOGistica.
In estrema sintesi, si può dire che la collaborazione tra i diversi interlocutori della value chain, l’oggettivazione sui risultati e sulle metriche condivise, unitamente all’investimento sulle nuove competenze, sono gli strumenti fondamentali alla base dello sviluppo del business della logistica sostenibile.
AL: Dott. Cocchi, con l’Ing. Testi abbiamo intrapreso l’esplorazione delle tematiche ESG a partire dall’agenda strategica e dalle opportunità che questa evoluzione sta determinando sul fronte del business. Quale è invece, dal suo punto di vista, l’impatto che tali tematiche hanno sulle organizzazioni?
GC: La pandemia ha accelerato il bisogno di innovazione e desiderio dell’intera organizzazione di partecipare in modo consapevole al cambiamento in atto, riducendone così le resistenze. Diventare dunque un’azienda sostenibile, tanto più nel nostro settore, implica prima di tutto un differente approccio culturale, un cambio di mentalità e di prospettive che può realizzarsi solo se a sostenere tutto questo c’è un forte commitment, un impegno forte e visione strategica da parte della Direzione Generale, in primis, e del Comitato Direttivo, proponendo nuove idee e soluzioni, condividendo un processo che coinvolga l’intera organizzazione e le relazioni tra persone. Questo ci ha consentito di ridurre le resistenze al cambiamento ed alimentare il flusso di innovazione all’interno dell’azienda. Ciò precisato, gli impatti organizzativi possono avere una eco in due differenti direzioni: nella definizione di nuove professionalità ed in nuove modalità di lavoro e procedure orientate al rispetto dell’ambiente (paperless, recupero materiale di scarto, strumenti di lavoro a basso impatto ecologico, nuovi approcci immobiliari, …)
AL: anche l’Ing. Testi citava la nascita di nuove competenze in seno a questo settore ed in relazione alle tematiche emergenti. Quali professionalità rinviene essere maggiormente significative all’interno del vostro settore?
GC: Il trasporto e la logistica agroalimentare a temperatura controllata, mercato che ci vede protagonisti, sta vivendo un cambiamento significativo e duraturo che possiamo leggere anche nell’impatto che le nuove tecnologie hanno nel creare valore attraverso la tutela delle persone e dell’ambiente. Un esempio di questo lo leggiamo nell’evoluzione dei ruoli dell’Energy Manager e del Responsabile Ambiente che, in un mercato e in contesti produttivi in cambiamento, sono testimoni concreti di questa transizione attraverso il loro mandato. Non è più sufficiente “difendere” l’azienda dai rischi ambientali. È richiesto loro di ottimizzare i processi, introducendo nuove tecnologie per ridurre l’impatto ambientale e i consumi energetici. L’Energy Manager, innanzitutto, è responsabile del budget Energia che permette di comprendere le reali esigenze energetiche dell’azienda e di proporre strategie per ridurre i costi e i consumi aziendali in modo efficace con progetti che vanno dall’implementazione ed espansione del sistema di monitoraggio capillare dei consumi energetici, fino agli studi di fattibilità per interventi e nuovi progetti di Efficienza Energetica e della successiva rendicontazione dei risparmi ottenuti, con un conseguente impatto sul conto economico dell’azienda.
AL: Grazie Dott. Cocchi. Dal punto di vista privilegiato dal quale osserviamo il mercato del lavoro, posso affermare che la famiglia professionale all’interno della quale entrambi i ruoli che ha citato operano sta diventando sempre più visibile e significativa: sempre più frequentemente l’HSE Management è una funzione a diretto riporto all’amministratore delegato e in alcuni casi siede all’interno del Management Team nella misura in cui le analisi e le previsioni che scaturiscono dal suo punto di osservazione diventano cruciali per determinare le scelte di business e, di conseguenza, quelle organizzative. Aggiungerei, fra le professionalità, quella del CSR Manager, una figura, nata negli Stati Uniti già negli anni ’50 ma ormai sempre più significativa all’interno delle aziende europee e nel nostro Paese. Lo dimostra il fatto che il 35% dei CSR Managers italiani ha un riporto diretto con il CEO ed il 44% ha un solo intermediario nei confronti dei capi-azienda ed è una figura che cresce sia in termini numerici che in termini di competenze specifiche. Se la prima famiglia professionale si origina a partire da un solido background tecnico/ingegneristico/ambientale, il ruolo CSR è un ibrido che molto trae dal mondo della comunicazione e del marketing, delle relazioni istituzionali e dell’organizzazione.
Le aziende più innovative, in tal senso pare stiano operando per la costituzione di una nuova funzione aziendale, quella dell’ESG Management che parrebbe rappresentare una giusta sintesi tra i due ruoli, un’ibridazione tra competenze hard e soft che devono sempre più viaggiare insieme per poter essere guida di scelte strategiche per la generazione di valore a medio/lungo termine.
Per concludere, siamo convinti che la transizione che stiamo vivendo rappresenti un’opportunità senza precedenti. Il mondo sta assistendo a un cambio di paradigma. Imprese e organizzazioni sono sempre più coscienti della necessità di avviare un nuovo ciclo di sviluppo molto più sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale. I principi ESG si affiancano così ai già conosciuti Key financial indicators per misurare la bontà di un’impresa e dell’investire in impresa: sembra essere finito il tempo delle operazioni a breve termine, e le aziende devono poter disporre di tempo per attuare piani industriali volti alla creazione del valore ponendo al centro il capitale umano, valorizzando la persona e le competenze.
La sostenibilità non è il futuro, bensì il presente da costruire e tutelare per il futuro. Un futuro che persone, imprese, istituzioni devono impegnarsi a realizzare ogni giorno per contribuire all’Evoluzione del sistema.
Anche noi di Glasford ci impegniamo, accompagnando i capi azienda in qualità di advisor nell’ambito dell’Executive Search e dei temi di organizzazione e sviluppo, in coerenza con il cambio di paradigma in atto.
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