25. Ottobre 2023 Fit culturale, leadership, modelli di attraction: alla scoperta dei nuovi leader
L’articolo di Marco Alici Biondi (Partner di Glasford International Italy) è inserito nella rubrica “Human Capital” in collaborazione con Laborability.
Il mondo per come lo abbiamo sempre conosciuto sta cambiando: la diffusione pandemica su scala mondiale, l’instabilità geopolitica globale, la competizione per l’approvvigionamento delle risorse primarie sono alcuni tra i fattori esogeni che impongono alle organizzazioni sfide senza precedenti. Ad essi, secondo l’indagine Conference Board C‑Suite Outlook 2023, si aggiungono impulsi endogeni derivanti dalle azioni che i leader considerano prioritarie: la necessità di ripensare il proprio business model, l’accelerazione della Digital Transformation, ma soprattutto la difficoltà ad attrarre e trattenere talenti sono gli elementi su cui le aziende si concentreranno maggiormente nel prossimo futuro.
Tutti questi elementi rendono lo scenario più complesso che mai e portano con sé un mutamento nelle responsabilità dei leader d’impresa. Oggi le figure apicali in azienda sono chiamate a sviluppare una maggiore capacità di comprendere e gestire il cambiamento, per adattarsi ad esso in modo repentino e creativo.
Attrarre ed ingaggiare i leader giusti, capaci di accompagnare l’organizzazione nella sua evoluzione garantendo al contempo il raggiungimento dei risultati prefissati, diventa quindi un tema sempre più rilevante.
Cosa caratterizza i giusti leader?
È certamente vero che, in ogni azienda, è importante scegliere la persona giusta per ricoprire qualsiasi ruolo, a prescindere dalla sua posizione gerarchica. È altrettanto evidente che il CEO e la C‑suite sono chiamati a ricoprire posizioni di peculiare responsabilità strategica in relazione alle sfide del futuro, perché focalizzati sulla generazione di valore a lungo termine, tanto più in un contesto volatile come quello attuale, in cui “lo straordinario diventa ordinario”.
Questa volatilità porta con sé la necessità, da parte del leader, di esprimere competenze diversificate, un modello non convenzionale nel quale le competenze hard sono assolutamente necessarie, ma al contempo serve grande flessibilità, per rispondere a nuove sollecitazioni, rimodellando il business model e gli obiettivi adottando una “mentalità da startupper”.
Nell’incertezza e nel disorientamento, inoltre, è fondamentale che il CEO e i C‑Level si espongano in prima persona, diventando “leader influencer”, trasmettendo i valori aziendali tanto all’esterno quanto all’interno dell’organizzazione. Di fronte al rischio di disimpegno e disaffezione nei confronti dell’azienda, è infatti fondamentale coinvolgere le proprie persone e mostrare loro il fine ultimo a cui tende il loro agire quotidiano. Verso l’esterno, in un’epoca caratterizzata da una comunicazione omnicanale, in alcune occasioni anche la scelta di non comunicare lancia messaggi ben precisi: per questo è importante che il leader sappia prendere posizione quando necessario, comunicando le proprie idee con credibilità e coerenza.
Un approccio tridimensionale per selezionare i leader del futuro
Nel Never Normal, assistiamo quindi ad un’impresa che è chiamata a mettere in discussione sé stessa e la propria leadership, alla ricerca di un rinnovato equilibrio tra risultati a lungo termine e principi, tra valore generato e valori agiti, riconoscendo quanto le proprie persone, con le loro competenze, potenziale e motivazioni sono il più tangibile asset per una crescita sostenibile.
Per questo, nella selezione dei manager non è sufficiente una conoscenza verticale dei ruoli organizzativi: occorre esplorare orizzontalmente il mercato in una logica cross-industry, e studiare in profondità il sistema valoriale dell’impresa e della persona fino a trovare il giusto fitting culturale. Per raggiungere questo obiettivo, nei nostri mandati di Executive Search costruiamo con le organizzazioni una relazione profonda, basata su una piena trasparenza e fiducia reciproca, in cui la co-progettazione del mandato non si limiti alle fasi di definizione e condivisione degli obiettivi iniziali e finali, ma si esprima lungo l’intero percorso.
Ogni progetto è disegnato in funzione delle esigenze aziendali:
- Se l’esigenza principale è quella di rafforzare le competenze tecniche e di industry, il protocollo Industry Driven consente di andare a fondo in questa esplorazione al fine di analizzare e reperire le competenze specifiche di un determinato mercato o settore, che non è necessariamente quello di appartenenza dell’azienda ma può essere quello a cui vuole vuole aprirsi.
- Se l’azienda esprime il bisogno di inserire un leader che sappia ricoprire una posizione attuale nella prospettiva di una futura e più ampia responsabilità, è fondamentale andare ad investigare la sua capacità di farlo con successo, offrendole chiavi di lettura per leggere l’organizzazione e la complessità di ruolo a diverse altezze, favorendo la scelta più coerente tra risultati da conseguire ed impatto organizzativo.
- A fronte della particolare volatilità del contesto di mercato e delle sfide da affrontare con nuovi business model ed assetti organizzativi ridisegnati, può essere necessario un New Role for Challege, ridefinendo o creando ruoli fino a quel momento non presenti o non propriamente declinati.
In ogni progetto, ove necessario, è possibile integrare protocolli di Executive Assessment Center, grazie ai quali indagare non soltanto il set di competenze core previste per la posizione in esame, quanto il potenziale futuro del candidato ed il suo livello di readiness, ovvero di “prontezza” a ricoprire efficacemente la posizione in oggetto.
I nuovi modelli di attraction: dal Total Reward al cultural fit
- Nuovi pacchetti di compensation & benefit
Dopo aver individuato la persona più adatta a ricoprire il ruolo, un momento fondamentale è quello dell’attraction. Un fattore importante – certamente non l’unico – è quello legato alla compensation. Per i leader più che per altre figure, è sempre maggiore il peso dei risultati economici e finanziari aziendali e, soprattutto nelle aziende di maggiori dimensioni, la retribuzione viene per questo articolata in modo peculiare, sia attraverso sistemi di breve termine (come gli MBO) che di medio-lungo termine (ad esempio piani azionari e stock options). Nello specifico caso che vede la presenza di un fondo di private equity come azionista, è piuttosto frequente che sia riservato al CEO un piano di incentivazione pluriennale, legato alla creazione di valore misurato al momento dell’exit rispetto all’investimento iniziale, così da creare quel profondo allineamento di interessi tra azionista e manager cui in alcuni casi è concessa la facoltà di co-investire nell’operazione, così da conferire a tutti gli effetti al mandato una connotazione imprenditoriale.
Sempre più spesso, inoltre, le componenti variabili della retribuzione vengono ancorate a obiettivi legati ai temi che stanno a cuore alle organizzazioni, quali Sostenibilità, Diversity & Inclusion e benessere dei collaboratori, rafforzando così l’impegno – individuale ed aziendale – verso il miglioramento.
Per le professionalità più critiche, inoltre, è possibile prevedere trattamenti individuali specifici quali, ad esempio, i patti di non concorrenza che – in cambio di un corrispettivo economico – vincolano il leader a non lasciare l’azienda in favore di un competitor, i patti di stabilità erogati al manager che si impegna ad una permanenza di una certa durata in azienda, oppure importi riconosciuti in caso di interruzione del rapporto di lavoro per volontà dell’azienda (definiti “golden parachute”).
Sempre più spesso, comunque, per i manager e non solo, sta prendendo piede il concetto di Total Reward: per coniugare l’aspetto economico con il benessere dei propri collaboratori, alla retribuzione e ai benefit vengono spesso affiancate altre forme di ricompensa, quali ad esempio opportunità di sviluppo professionale (come percorsi di coaching e di mentoring) e iniziative volte a migliorare il work-life balance, accreditandosi in questo modo anche come Caring Company, dedita al wellbeing delle proprie persone.
- Oltre gli aspetti economici: il cultural fit
Ma l’aspetto economico non è la sola leva di attraction. Anzi, molto spesso, per attrarre un leader è più importante essere in grado di rappresentare la sfida che l’organizzazione sta attraversando e la trasformazione che ne consegue e che sarà chiamato a guidare, mostrando concretamente l’impatto che potrà avere in azienda. I leader più che ogni altra figura sono infatti coloro che rappresenteranno l’azienda agli occhi di tutti gli stakeholder, siano essi collaboratori, azionisti, fornitori o clienti.
Per questo è importante che, inserendo in azienda un nuovo Executive, la sua personalità, le sue aspettative e i suoi valori siano coerenti con la cultura aziendale: questo non solo consentirà una più rapida integrazione, ma genererà anche alti livelli di coinvolgimento e commitment, fondamentali per consentire all’impresa di crescere in produttività e competitività.
Le caratteristiche dell’azienda influiscono fortemente sullo stile di leadership che la persona dovrà esprimere. Ad esempio, in un contesto nel quale l’età media è molto giovane, sarà importante saper soddisfare le aspettative generazionali delle proprie persone, in termini di richiesta di flessibilità, opportunità di relazione e ricerca di uno “scopo” nel proprio lavoro. Se vi è una forte presenza internazionale e un’interazione tra realtà diverse e dislocate in aree geografiche lontane tra loro, invece, assumerà maggiore rilevanza la capacità di leadership a distanza, meno improntata al controllo e alla gerarchia e basata sulla fiducia.
Le sfide dell’Executive Search del futuro
La ricerca e selezione delle figure manageriali si conferma quindi un tema strategico per le organizzazioni.
Per questo, è anche un momento chiave per incidere su aspetti come quello della Diversity & Inclusion, valorizzando la diversità partendo dalle prime linee manageriali.
In Glasford crediamo che chi, come noi, è al fianco delle imprese in questo percorso debba farsi promotore di un circolo virtuoso tra persone e aziende, per stimolare una crescita positiva dell’intero sistema imprese. Nei processi di Executive Search è quindi fondamentale porre al centro l’inclusione, per far sì che prospettive differenti possano operare sinergicamente per rispondere alle sfide di un mercato in costante evoluzione.
Tra le sfide per il futuro, non possiamo infine tralasciarne una, che investe trasversalmente mercati e funzioni aziendali: quella derivata dalla sempre maggiore diffusione dell’Intelligenza Artificiale.
La storia ci insegna che ogni cambiamento tecnologico ha incontrato resistenze, date dal timore che i nuovi strumenti possano sostituire l’uomo in alcune delle sue attività.
Guardandoci indietro, ci rendiamo conto che nella maggior parte delle occasioni la tecnologia ha contribuito a migliorare la qualità della vita lavorativa: basti pensare all’introduzione delle e‑mail ed alle videocall, che non hanno eliminato il contatto umano, ma hanno invece reso più agevole la comunicazione con persone anche geograficamente molto distanti.
A chi ci chiede se in questo contesto il mestiere dell’Executive Search abbia ancora un senso, o se non rischi invece di essere sostituito da algoritmi più predittivi e – se ben programmati – privi di bias, rispondiamo rivendicandone un compito ancor più strategico che in passato.
Lo strumento, per quanto intelligente, non potrà sostituire il fattore umano: una selezione, come qualsiasi relazione, è un momento costituito da emozioni, empatia, da uno “scegliersi a vicenda” che non è possibile replicare al di fuori dell’umano.
Perché le aziende sono e resteranno ecosistemi di persone, e solo dalla loro interazione è possibile trovare il giusto match che consentirà all’individuo ed all’organizzazione di evolvere insieme.
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